Alzheimer: l’idrogeno solforato presente nell’acqua termale può rallentarne lo sviluppo

 A raccontarla con il senno di poi, sembra tutto semplice e quasi scontato. Da un lato l’idrogeno solforato, un componente dell’acqua termale, che ha una notevole capacità antiinfiammatoria. Dall’altro, ci sono patologie, come il terribile morbo di Alzheimer, che iniziano e si sviluppano proprio con un processo infiammatorio. Perché allora non fare uno più uno, cioè affrontare questa malattia con l’elemento (appunto l’H2S) che, se non può guarirla, certamente, riducendo l’infiammazione, può almeno rallentarla?

E’ quanto si sono detti i ricercatori dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che da tempo studiano le malattie neurodegenerative.
L’idea, in particolare, è venuta al prof. Salvatore Guarini (ordinario di Farmacologia) e alla dr.ssa Daniela Giuliani, ricercatori di punta del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Sono noti nel mondo della ricerca scientifica per una scoperta definita “sensazionale”: fino a qualche anno fa si riteneva che nell’adulto non potessero nascere nuove cellule nervose. Guarini e Giuliani, studiando i problemi legati all’Ictus, hanno dimostrato che si può indurre farmacologicamente questo processo rigenerativo e ottenere, nel tempo, un pieno recupero delle funzioni compromesse.
Ora, considerati gli studi scientifici condotti con successo sulle patologie neurodegenerative acute, il desiderio di dedicarsi ad una malattia neurodegenerativa cronica, il morbo di Alzheimer. Il Professore ha costituito un gruppo, coordinato dalla dottoressa Daniela Giuliani, che nella ricerca di finanziamenti ha individuato nella FoRST, la Fondazione per la Ricerca Scientifica Termale che Federterme ha istituito 10 anni fa, l’interlocutore giusto per portare avanti una ricerca in questo campo. Sono passati poco più di 6 mesi e, a conclusione dello studio preclinico i risultati sono stati molto incoraggianti; infatti l’idrogeno solforato non solo ha inibito la cascata infiammatoria, ma anche la cascata “amiloide/tau”, che nell’Alzheimer gioca un ruolo fisiopatologico chiave, con significativo miglioramento delle funzione cognitive dell’animale. Risultati tanto incoraggianti, al punto che il lavoro non ha avuto difficoltà a essere pubblicato su una rivista internazionale di settore a forte impatto. “Ci siamo emozionati – ricorda la Giuliani – e nel nostro entusiamo abbiamo presentato alla FoRST un nuovo progetto di ricerca per approfondire l’argomento. In pratica, un prolungamento del progetto di ricerca già approvato dalla Fondazione per la Ricerca Scientifica Termale. “Certo – sottolinea la Dottoressa – ci vorrà molto più tempo, almeno due anni. Ma i risultati di questo studio potrebbero avere una notevole importanza per i pazienti che combattono contro l’Alzheimer”. Si calcola che le persone colpite da questa malattia neurodegenerativa siano più di 35 milioni nel mondo. Almeno 600 mila in Italia.
Il Consiglio di amministrazione della FoRST si riunirà nella seconda metà di ottobre. Secondo indiscrezioni apprese da fonte qualificata, il Consiglio già nella riunione del 25 luglio scorso, tenuto conto degli interessanti risultati emersi dalla pubblicazione del lavoro cofinanziato dalla FoRST, ha espresso un orientamento positivo a sostenere un’ipotesi di prosecuzione del lavoro sin qui svolto. A una condizione: che il nuovo lavoro risulti saldamente agganciato al precedente e ne rappresenti la naturale conclusione

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